26
Set
2010

De-essing check

Butta il mestolo e succhia il mio punch, troppe lingue assaporano le mie dita, come su un piano fanno scale, viaggiano in skate oppure in mono e non volano. Da una nuvola all’altra tramite ponte levatoio l’avvoltoio non mi calcola e vola. Di schiena mentre si lava plana verso il castello in aria e si gratta. Non atterra, sospeso pranza e banchetta, alletta la corte da finto menestrello, spiega valori e valute, lui è un buon avvoltoio si dicono in tante, mentre riprendono a mangiare, mentre riprende il volo nella notte. L’avvoltoio sogna biondi ricci, va e viene nel sonno, nel volo, nel cielo aspro del suo regno, finché non è giorno. Il suo regno trae sostegno dal didentro, fermo su estensioni aerobiche in danza; un fiammifero fiero del suo ego non avrebbe tempo di diffondere il suo effetto, brucerebbe troppo presto. Attraccandosi con rabbia a un lembo del suo vedo, il rapace fissa l’estremo del suo centro e vi parla. A cospetto di stupidi cerini, nebulizzando invidia mista a bolo alimenta l’odio mentendo sull’assenza di alcol. Pichi sfasati verso l’alto deglutiscono l’alito del finto falco e riflettono, riaccendono, illuminano nell’attimo il tempo del gran capo.

Seguendo moti parabolici infetti da qualunquismo precoce, lapilli sostituiti a proiettili muoiono impattandosi sulla polvere pirica che sporca il mio dorso. Destandomi attendo che rientri in circolo la riscrivibilità dell’inconscio e pompando disattenzione alla memoria, scarica da ore, dreno la banalità superficiale del distante per incrinare le labbra liete fra le guance inamidate. Altro mi sfugge, l’annuncio della fine è coperto dal rumore dell’acqua che scorre tiepida sulle dita; le mie dita che preferiscono raschiare cibo dai piatti, insaponare forchette, lucidare cristalli.

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{2 Responses to “De-essing check”}

  1. Adoro i tuoi non-sense perche’ sono lineari razionali.

    unisonosuono
  2. credo di avere capito cosa è successo. Se tu ne avessi fatto una poesia, semplicemente andando a capo e quindi spezzando ogni periodo, la gente avrebbe letto e dato sacralità ad ogni singola frase, non perchè ne capisse il significato ma perchè stava da sola, bene col suo suono e il suo retrogusto mistico, dando la possibilità ogni frase, nel suo abbandono del contesto, di avere qualsivoglia senso il lettore egotista ci proietti sopra…
    Mentre scrivendola così in prosa diventa una trappola pesante di paroloni ammassati a cui è difficile stare dietro perchè si cerca sempre il capo del discorso e si finisce per mangiarsi la coda.
    fiuuuuuuuuu era dall’ultima bozza che non scrivevo così tanto gaspare! fanculo! baci.

    anitagrey

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