04
Ott
2010

L’acquasantiera della domenica

Una mosca ronzava a intervalli di qualche secondo impedendo di concentrarmi. Pensavo che rimanendo seduto e facendo conto delle mie grandi doti di concentrazione avrei ridotto il ronzare della mosca ad un infinitesimo di nulla. Non ho grandi doti di concentrazione. Anche se impaurito dalla possibilità di perdere il filo dei miei pensieri mi sono alzato e mi sono piazzato davanti alla finestra. Ho guardato la mosca. Silenzio. Ho aperto la finestra e ho aspettato qualche secondo. La mosca è uscita ronzando. Vedi le mosche, ho pensato, non sono mica sceme come pensano tutti. Quando mi sono seduto mi mancava quel ronzio intervallato che mi intralciava la concentrazione. Ma ho scritto lo stesso. Vedi lo scrittore, ho pensato, non sono mica così intelligente come pensano tutti.
“Non ditemi che non contemplate il tradimento in amore perché non ci credo”
“E’ un argomento da evitare in coppia, ma da consumare fuori”
“E’ una regola del gioco, un non-detto che si discute tra i giudici di gara, ma che i giocatori fanno finta di non conoscere”
sono alcuni degli aforismi che abbiamo consumato e riconsumato in automobile prima che…
…finita la benzina in piena discesa la strada pianeggiante ci facesse fermare. Eravamo in cinque. Tre da buttare di sotto due da salvare: io e la tipa, entrambi volevamo salvarci, ma non a vicenda. Lei mi avrebbe salvato tra i file mostri & affini, io tra bellezze & di più, ma la macchina era a secco. Eravamo tutti nella merda, metaforicamente.
Una mosca stava invece saggiando uno stronzo di cane sul marciapiede. Sembrava dicesse: Ah, questo mondo è tutto una merda e a voi non piace.
Era lo spiazzo di una chiesa, domenica dopo pranzo e non c’era nessuno. Uno dei tre che non mi interessano entrò nella chiesa, si fece il segno della croce dopo aver intinto il dito nell’acquasantiera e si bagnò la fronte. Sentì uno strano odore (in realtà assaggiò, amici beoni sapete bene di cosa parlo). Strano per quel luogo. Uscì dalla chiesa. “E’ wodka” disse. “Dove” domandò qualcun altro, ma senza il punto interrogativo, solo così.
“Nell’acqua santa hanno messo la wodka”
“In che misura?” chiese il barman del gruppo, ma gli altri erano già entrati. L’assaggiarono tutti. La finirono tutta.
Io intanto cercavo di insegnare alla mosca un ronzio tibetano, giusto per provare una mezza meditazione in quel luogo disanimato. Gli altri, tipa compresa, uscirono un po’ brilli, contenti.
Dopo mezz’ora i quattro si erano completamente intrecciati in un sontuoso dialogo sul tradimento: come ragni sputavano fili di seta resistenti a seconda della forza dell’argomentazione, riuscendo ad avvolgere il dialettico che si aveva di fronte e tenerlo imprigionato fino a quando la sua tesi era distrutta da un’argomentazione migliore. Un giorno solo era bastato per ereggere il muro di Berlino, dividere famiglie, scandire il tempo di una macabra danza col men che meno strumento mortale di una cazzuola. E quelli, ormai avvinghiati nei loro sputi, nei loro dissensi, nel loro egoismo e nel loro tentativo di avere a tutti i costi ragione, con un semplice filo sottile divedevano il mondo in due parti. Non est & ovest, ma in amanti & cornuti.
La mosca, ormai sazia della merda appena intaccata, sontuosa come una montagna sacra, li canzonava col suo ronzio privo di significato e faceva attenzione a non avvicinarsi per non rimanere intrappolata in quella rete di insulti. Si era ormai passati a mere questioni di lavoro e a più incosistenti (e per questo più interessanti) questioni private, tra occhietti dolci, parole gentili e pesanti apprezzamenti.
Fossero tornati dentro nell’acquasantiera avrebbero magari trovato un po’ di benzina, bastava chiedere. La scoprii io. infatti. Per fortuna armi nei paraggi non ce n’erano per cui potei lasciarli soli e dopo essere riuscito a staccare tutta l’acquasantiera dalla colonna della chiesa, aver trovato un carrellino in sagrestia e averci caricato il carico, mi sono presentato davanti alla macchina. Ho detto: smettetela di rompere che devo concentrarmi. Anche la mosca si è arronzata, ha tirato fuori uno stuzzicadenti alla fibra di vetro e si è goduta lo spettacolo. Col foglio di una rivista patinata, scelto a caso tra culi tette e muscoli, feci un imbuto, inclinai il carrello e riuscii a versare la benzina nel serbatoio.
“Possiamo andare” dissi. Gli avvinghiati si disavvinghiarono e tornammo in città nel crepuscolo che sorseggiava orizzonte da un sole al succo d’arancia. Che eravamo usciti a fare nessuno se lo ricorda.

La mosca si è sposata. Al matrimonio il prete, una mantide religiosa maschio a cui una grossa femmina della sua specie faceva l’occhiolino mentre affilava la zampe,  pensando al suo destino di nascita-copula-morte ha ripetuto varie volte:
avrà una vita felice, avrà una vita felice perché avrà una vita piena di merda.

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{One Response to “L’acquasantiera della domenica”}

  1. questa, piovaschi, è la mia storia preferita!
    Veronica

    veronica

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