16
Set
2010

Carla e il serpente

“Carla? Puoi venire un attimo?”
“Ecco mamma!”
“Vieni per piacere?”
“Eccomi, cosa c’è?”
La vecchia donna aprì il forno per mostrare ciò che voleva la figlia vedesse.
“E che cos’è?” domandò Carla.
“Come che cos’è?, non lo vedi? È un serpente gigante.”
“Si ma non è nemmeno lontanamente cotto.”
“Infatti, puoi pensarci tu?” disse la mamma di Carla.
“Nemmeno lontanamente” ripeté Carla tra sé e sé “anzi, è molto più vivo di me.”
E le uscì una risatina isterica, aveva gli occhi ghiacciati e il sangue infuocato come il ventricolo di un vulcano. Fece un cenno al serpentone che prese a uscire dal forno srotolandosi per la cucina con tutti i suoi otto metri di strisciante presenza.
Carla non si poteva muovere. Nella sala da pranzo il nonno continuava a discutere con la nipote, la figlia di Carla, di come la zuppa era salata ma non troppo, in fondo passabile e come uno spicchio di aglio in più desse un sapore completamente diverso all’agnello al forno. Il serpente si era completamente srotolato e si avvicinava con circolare malvagità ai piedi di Carla la quale, con le mani al petto e in squamoso silenzio, guardava la madre di spalle intenta a lavare i piatti come se niente fosse. Carla guardò negli occhi il serpente il quale si sollevò in mezzo alla stanza, aprì le fauci e inghiottì la madre di Carla tutta intera, spugnetta insaponata compresa. Un piatto si frantumò per terra.
“Tutto bene in cucina?” domandò la figlia.
“Si si” rispose Carla.
“Comunque” continuò la nipote “l’agnello si deve mangiare ben cotto per essere digeribile, esattamente come quello che abbiamo appena mangiato.”
Il serpente non rimase lì a dimostrare il contrario.

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